mercoledì 9 febbraio 2022

 Fonte Gazzetta di Mantova 9 febbraio 2022

Mantova, parla l’uomo che sposta il ponte sul Po: «Il traffico chiuderà meno di un mese»
FRANCESCO ROMANI
📷Copyright 2021 Stefano Saccani, all rights reserved
Nicola Ieva, il capo progetto dell’impresaToto, spiega le fasi dell’operazione che porteranno alla demolizione del vecchio ponte e la sostituzione con quello nuovo. E racconta alla Gazzetta come stanno procedendo i lavori: «Il fiume ha detto la sua, ma la tecnica ha avuto la meglio»
SAN BENEDETTO PO. Sulla parete dietro la scrivania campeggia la foto del ponte in barche dismesso a metà degli anni Sessanta. Sui ripiani sono aperti i progetti, i disegni gli schizzi del nuovo manufatto. In mezzo, seduto alla suo tavolo di lavoro, lui, Nicola Ieva, l'ingegnere capo progetto della Toto. Società che ha avuto in consegna il più stretto attraversamento sul Po, già usato nel Medioevo, per realizzare l’opera che porrà San Benedetto Po all'avanguardia nei ponti fluviali italiani. Ed è lui l’uomo sul quale il colosso delle costruzioni ha puntato per gestire la complessa riqualificazione voluta dalla Provincia di Mantova per porre per sempre fine ai disagi che il valico fluviale costruito fra 1964 e 1966 ha creato sin da subito.
Ieva, classe 1961, pugliese di Andria, tre figli dei quali uno, Claudio, è ingegnere progettista di ponti a Londra, è dalla fine del 2017 nel Mantovano per studiare e poi dirigere l’operazione ingegneristica più complessa mai realizzata sul Po.
Ingegnere, davvero questo ponte è così complesso?
«Guardi, il tanto noto ponte di Calatrava sulla A1 è molto più piccolo, leggero e semplice. Qui abbiamo operato costruendo e movimentando un asse di 330 metri pesante 5mila tonnellate, alto come un palazzo di 12 piani. Una cosa mai realizzata su un fiume».
Perché è stato scelto proprio un ponte ad arco?
«Perché nonostante questo sia il punto più stretto per attraversare il Po, la distanza fra le rive è tale da richiedere piloni di appoggio costruiti nell’alveo. E poiché i piloni sono elementi di disturbo alla navigazione e anche punti deboli, la soluzione a due archi ha consentito di averne il minimo possibile, uno solamente»
In caso di piena come si comporterà il ponte?
«Sarà quello che non chiuderà mai. È più alto di quello dell'autostrada e il punto più basso del ponte è mezzo metro sopra il colmo dell’argine».
A cosa si deve la scelta l’uso dell’acciaio Corten, che esternamente sembra arrugginito?
«Il Corten è un materiale molto usato oggi in Italia perché ha costi di manutenzione moto bassi. Il limite sinora era che la bulloneria in Corten non esiste e creava punti deboli. Noi abbiamo risolto alla radice. Abbiamo eliminato completamente i bulloni. Ogni pezzo è saldato all’altro in una struttura unica».
Il progetto è nato così o ha subito modifiche nel corso dei lavori?
«Abbiamo adeguato man mano le idee alla situazione concreta. Diciamo che è stato un lavoro da apripista»
Un esempio?
«All’inizio si pensava di costruire i due archi sulla stessa sponda a San Benedetto. L’arco più piccolo sarebbe stato caricato su un pontone galleggiante e trasferito dove è ora, attaccato alla sponda di Bagnolo. Un’idea che allo stesso Carlo Toto non piaceva. Ci ha chiesto di studiare alternative».
Perché non piaceva?
«Per i rischi. Si sarebbe affidato un carico di 2.200 tonnellate ad un natante su un fiume a corrente libera. In caso di guasto o avaria si sarebbe creata una situazione ingovernabile»
Quindi che avete pensato?
«La prima soluzione era costruire gli archi in sequenza, prima il più piccolo, spingerlo sul fiume costruendo molti appoggi provvisori, poi, liberato il piazzale di San Benedetto, costruire il secondo, Ma i tempi si sarebbero raddoppiati»
E a quel punto che è nata l’idea di fare i due archi sulle sponde opposte?
«Sì, ho pensato che usando la tecnica delle torri semoventi sulle chiatte, si poteva evitare di costruire i pilastri e lavorando su due sponde si minimizzavano gli spostamenti e si poteva lavorare in parallelo. Quello che poi è stato fatto. Durante il doppio varo il Po ha detto la sua. È lui che comanda. Ma abbiamo dimostrato che la tecnica governa anche le situazioni più difficili»
Adesso che i due archi sono in alveo, come proseguiranno i lavori?
«Intanto ci sono da completare le saldature, cosa che richiederà sino a fine mese. Poi sposteremo i due archi congiunti di sette metri verso l’attuale ponte. Lo spostiamo per porlo già sull’asse del tratto golenale che costruiremo».
Quando lo costruirete?
«I tempi esatti non li sappiamo. C’è da firmare il contratto aggiuntivo con la Provincia, fare il progetto esecutivo e ottenere i pareri degli enti. Solo dopo tutto questo potremmo riprendere i lavori. Costruiremo 5 campate da 55 metri, 263 metri in tutto, con 12 piloni di sostegno e senza arcate»
E nel frattempo?
«Gli archi in alveo non li sposta nessuno. Restano lì. Il tratto in golena si attesterà sull’argine, qui faremo il raccordo con la strada Romana. E altrettanto dal lato di Bagnolo. Il traffico non sarà così interrotto mentre demoliamo il ponte attuale, ma transiterà su quello nuovo. Chiuderemo solo 25 giorni. È un impegno che abbiamo preso con il territorio e lo rispetteremo».