Dalla Gazzetta di Mantova del 7 novembre 2019
Confartigianato: «È mancata la trasparenza». Confcommercio: «Si chieda una fidejussione»
Il comitato attacca: «Basta mancate promesse e prese in giro: la nostra battaglia continuerà»
Le imprese: rabbia e amarezza «Temiamo chiusure più lunghe»
SAN BENEDETTO PO. Rabbia e amarezza. Imprenditori, cittadini, comitato, movimenti politici. Tutti delusi e increduli di fronte alla decisione della Provincia, stazione appaltante dei lavori di riqualificazione del ponte sul Po di non consentire la costruzione della rampa che, bypassando il cantiere, avrebbe azzerato i tempi di chiusura totale al traffico. Lo stop, è stato anticipato, sarà di tre mesi, nella primavera 2020. Ma in tutti è forte la preoccupazione che i tempi non siano rispettati. La rampa proposta dalla ditta che sta eseguendo i lavori, la Toto costruzioni, aveva ricevuto l'assenso dei sindaci, della Regione, disposta ad aprire i cordoni della borsa, dell'Aipo, l'Agenzia che si occupa della sicurezza idraulica, di cittadini e del comitato "Vogliamo il ponte". Una convergenza pressoché totale fra amministrazioni e cittadini, cosa rara oggi, e che è stata smontata da due righe dell'area Lavori Pubblici della Provincia: «Le conclusioni collegiali a cui si è giunti portano a valutare negativamente, sia dal punto di vista del rischio idraulico, sia sotto il profilo della sicurezza per la viabilità, la fattibilità della costruzione di una strada temporanea in golena». Pericoloso farla, dunque, secondo i due responsabili della Provincia (Giuliano Rossi ed Antonio Covino)che si sono avvalsi della consulenza di tre ingegneri docenti universitari.«Sinceramente non capiamo la posizione della Provincia - attacca Paolo Lavagnini, del comitato Vogliamo il ponte che ha raccolto oltre 3mila firme a sostegno della propria petizione -. Si erano create le condizioni per un concertazione importante. Partendo da queste basi si doveva procedere con attenzione, valutando i problemi di sicurezza in modo trasparente. Noi che viviamo qui sappiamo che la spianata del cantiere Toto, il "piazzale Rondelli", dove si sarebbe costruita la strada da collegare con una struttura metallica al nuovo ponte, fu allagata solo parzialmente nella piena del 2000. Allora perché parlare di rischi idraulici? Assomiglia molto a un pretesto per giustificare un no che era già stato deciso da tempo».Il comitato a breve si ritroverà per fare il punto e organizzare il da farsi. «Certamente chiediamo di rendere note le carte che giustificano questo no - conclude Lavagnini - e ci batteremo ancora perché nessuno crede che i tre mesi annunciati di chiusura totale al traffico resteranno tali. Di prese in giro i cittadini ne hanno già subite abbastanza. Ci batteremo perché ci sia un ripensamento».Non nasconde la sua delusione anche Lorenzo Capelli, presidente di Confartigianato Imprese: «Senza entrare nel merito tecnico, la decisione è perlomeno sorprendente. È paradossale iniziare con un progetto di sistemazione in alveo del ponte annunciando la chiusura al traffico di soli 20 giorni e poi proseguire in un secondo tempo con quello di sistemazione del tratto in golena che di giorni di chiusura ne richiederà almeno 90. E questo senza comunicarlo subito. Se i cittadini avessero saputo sin dal primo momento che si sarebbe dovuto fare un doppio cantiere e che ci sarebbe stata una chiusura di mesi, forse avrebbero accettato meno malvolentieri: ma così si sono sentiti presi in giro. Siamo anche amareggiati e fortemente preoccupati perché, visti i ritardi, temiamo che i tre mesi preannunciati di chiusura non saranno rispettati».Per il presidente locale di Confcommercio, Dino Barbi, «serve chiudere al traffico solo quando in cantiere saranno presenti le travi da sostituire e garanzie solide, come una fidejussione o una penale, da riscuotere dal Comune nel caso di sforamento dei tempi. Questo per spingere la Toto a rispettare il cronoprogramma e minimizzare i rischi».
Francesco Romani
«Il parere degli esperti va reso noto alla gente»
SAN BENEDETTO PO. «Su che cosa si appoggia questa relazione? Quali sono le motivazioni tecniche? Esiste un verbale della riunione con i saggi o dobbiamo fidarci ancora solo delle parole dopo tante promesse a vuoto e smentite dai fatti?» attacca Oscar Porcelli del partito Potere al popolo. «La mancanza di trasparenza, come quella della Provincia, legittima a pensare di tutto. Anche che fosse già tutto deciso e che la concertazione con i sindaci sia stata solo finta. Perché i sindaci non hanno potuto parlare direttamente con il pool degli esperti? Perché non si è affidata, invece, ad Aipo la supervisione di un progetto Toto-Provincia, visto che è l'Agenzia per il Po che valuta i pericoli idraulici?». Domande che Porcelli chiede non restino senza risposta, nel segno della trasparenza e della condivisione che sembrava aver caratterizzato la volontà della Provincia. «Invece io penso che dirigenti e funzionari provinciali, con l'avallo del presidente, si siano creati una sorta di alibi per evitare di dover magari procedere con un ponte totalmente antisismico, come chiedeva la gente, trovandosi poi nella condizione di dover fare un nuovo appalto. Così invece si è semplificato tutto, ma alla fine le conseguenze le pagano i cittadini. Una cosa che riteniamo inaccettabile».E ancora: «Chiediamo a tutte le forze che si sono spese ed interessate per il ponte, sindaci, comitato, associazioni di categoria, di fare fronte comune perché in questi giorni si decide il futuro del ponte. Non possiamo cedere ora a una palese ingiustizia: mille altre soluzioni ingegneristiche per il by-pass possono essere elaborate ed approvate. Non possiamo cedere ora».
Tempi lunghi per i trasferimenti: «Dobbiamo riorganizzare le giornate»
«L'esperienza di questi mesi ci dice che la riapertura non sarà certa»
I cittadini sono esasperati
«Per noi sarà un'altra odissea»
i commenti
Sconcerto, rabbia, senso di frustrazione: questi i sentimenti dominanti in tanti sambenedettini alla notizia che la Provincia chiuderà il ponte per tre mesi. Sentimenti espressi a viva voce nelle piazze e bar del paese, ma affidati anche ai messaggi che corrono sui social. Per tanti è sembrata quasi una beffa che, mentre si sperava che con il bypass ci fossero i margini per scongiurare la chiusura, sia giunta come una doccia fredda la decisione della Provincia. Questa prospettiva comporta riflessi pesanti su tutti quei cittadini che ogni giorno si servono del ponte per raggiungere il posto di lavoro nelle due direzioni. «È un bello smacco! - esclama Natalino Cavalli, molto attivo nel volontariato locale. - Se la ditta che sta facendo i lavori, la Toto, dice che il bypass si può fare perché la Provincia si tira indietro?». Cavalli è convinto che sui tempi di chiusura non si può star tranquilli, perché si sono già visti troppi ritardi. «Sono arrabbiatissima - esclama Doriana Zucchi -. Sono un'insegnante pendolare e ogni giorno passo sul ponte per raggiungere Mantova. Ora con la chiusura, se avrò riunioni al pomeriggio, dovrò rimanere in città tutta la giornata per non fare quattro giri di andata e ritorno». «La Provincia - continua - mette in conto di pagare il ticket autostradale, ma non c'è solo l'aspetto economico, anche se è importante per tante famiglie. C'è da considerare pure la necessità di una nuova organizzazione degli orari quotidiani, la fatica che si accumula già prima di arrivare in aula a far lezione». «La data certa - le fa eco Angela Tirelli, che negli anni ha vissuto tutte le vicissitudini del ponte - è solo quella della chiusura; su quella della riapertura l'esperienza ci mette davanti un grande punto interrogativo». Per questo si chiede se non sarebbe il caso di far intervenire il Genio civile o l'Esercito per avere almeno un ponte in barche. Preoccupata è anche Daniela Bregoli, che il tragitto lo fa ogni giorno da San Giorgio a San Benedetto. «Per me sarà una vera odissea - spiega - perché per affidare i bambini ai nonni dovrò entrare a Mantova nord, uscire a Mantova sud e poi rientrare per uscire definitivamente a Pegognaga». Più sfumata la posizione di Achille Carra, uno degli accompagnatori dei gruppi turistici. «Ero a favore del bypass - dice - ma, se non si può fare, l'unica alternativa è il miglioramento sismico con la chiusura dei tre mesi».
Oriana Caleffi




